Cambiare qualcuno affinché non cambi niente è l’esercizio ripetuto di una proprietà sentimentalmente assente da Firenze da oramai troppo tempo. “Ogni limite ha una pazienza” avrebbe detto Totò ma, nel caso del tifoso viola assuefatto alle disillusioni, le dimissioni di Stefano Pioli hanno costituito l’ultimo malessere mal sopito, l’ultima goccia prima di traboccar dal vaso, l’ultimo atto furbesco e farsesco non più digerito.
Ecco così spiegate le curve vuote nel primo tempo dell’altrimenti dimenticabile Fiorentina – Bologna dove il ritorno di Vincenzo Montella passa inosservato perché, per una volta, a comandare non sono i cori ma il silenzio di uno stadio.
Ecco così, nei giorni precedenti, una decina di striscioni sparpagliati per Firenze a significare che la città dell’arte e i fratelli Della Valle non vadano più associati. La stagione della frattura autentica, definitiva, è appena iniziata. Ci saranno altri segnali, altre manifestazioni, sempre civili naturalmente, da parte dei tifosi a smuovere le acque affinché il nulla evapori, consapevoli del rischio di una proprietà meno affidabile economicamente ma speranzosi di un’emozione autentica in più. Non basteranno qualche vittoria – casomai arrivasse dopo il sedicesimo pareggio in campionato – o addirittura la conquista della Coppa Italia, non quella dei ragazzi (complimenti, comunque), a lenire l’insopportazione che ha origini lontane e vuole avere meno futuro possibile con questa proprietà.
Sabato prossimo i viola assisteranno inermi all’ennesimo scudetto della sportivamente odiata rivale. Poi il 25 aprile, a Bergamo, ci sarà il ritorno della semifinale di Coppa Italia che può dare ancora un senso anche calcistico a questa stagione. E poi ci saranno altre cinque gare di questo inutile campionato. Ma la vera partita da giocare è ormai fuori dallo stadio con il tifo organizzato, chissà, forse pronto come ultima risoluzione a bussare al Comune di Firenze per chiedergli di farsi portavoce della restituzione delle chiavi dell’amata Fiorentina.