La guerra portata dalla Russia in Ucraina. Eccola qua l’ennesima aggiunta alla complessità e all’incertezza che distinguono ormai da tempo l’epoca che stiamo vivendo. Grave, incredibile.
Non bastava la trasformazione socio economica e tecnologica che già c’era prima della pandemia; non bastava lo scatenarsi del virus con tutte le conseguenze che ben sappiamo. Adesso anche la guerra. In Europa.
Ovviamente, si possono fare considerazioni le più disparate su questa guerra, di tipo politico, sociale, umanitario, anche storico, e via dicendo. Non è questa la sede.
Qui dobbiamo limitarci a considerazioni di carattere economico. Con l’avvertenza che è impossibile fare previsioni sul futuro, tale e tanta è l’incertezza e l’imprevedibilità di quanto sta accadendo.
Qui dobbiamo limitarci a considerazioni che riguardano il presente. Che peraltro rischiano anche di divenire passato molto rapidamente.
Dunque, l’economia. L’Europa di solito è balbettante quando si tratta di prendere decisioni alla svelta e con tutti gli Stati compatti. Stavolta ha dimostrato il contrario.
La inusitata durezza delle sanzioni economiche contro la Russia è frutto anche di questa compattezza. Ed è un aspetto decisivo: è la premessa indispensabile per una loro reale efficacia. Molte volte in passato sanzioni economiche prese da paesi, o comunità di paesi, nei confronti di altri paesi nel mondo si sono dimostrate armi spuntate di scarsa efficacia. Aggirabili e aggirate facilmente, come proprio il caso di quelle verso la stessa Russia dopo l’annessione della Crimea. Stavolta sembra diverso.
Nei confronti della Russia, ciò che è stato deciso e applicato oggi è di grande impatto. Quel paese potrebbe davvero, come in moltissimi sostengono, veder compromessa pesantemente la propria economia. Che, ricordiamolo, non era già prima così fiorente: basti dire che il PIL russo era circa allo stesso livello di quello spagnolo.
Vale la pena sottolineare che si tratta di sanzioni più che altro finanziarie. Riepiloghiamo molto sinteticamente le principali ad oggi, sapendo però che tutto può evolvere nel giro di pochissimo tempo.
Molte banche russe (circa il 70% del mercato bancario) non possono più usare il sistema di comunicazione interbancaria Swift, bloccando così la loro possibilità di effettuare transazioni finanziarie, con evidenti ripercussioni su esportazioni e importazioni. Sono state bloccate le riserve valutarie che la banca centrale russa ha all’estero (normalmente in titoli) per centinaia di miliardi di dollari, di fatto impendendo di poterle utilizzare, con effetti attesi di grande rilievo sulla moneta russa, sull’inflazione. Sono stati congelati i beni posseduti all’estero dai cosiddetti oligarchi russi. Sono stati interdetti gli spazi aerei europei ai voli russi e bloccate le forniture tecnologiche e i servizi di manutenzione e finanziamento per gli aerei, la maggioranza di fabbricazione occidentale.
Ma come sempre c’è un rovescio della medaglia. E’ quello delle possibili conseguenze che potrebbero manifestarsi anche per la comunità dei paesi che quelle sanzioni le hanno decise e adottate.
Non si può fare a meno di ricordare che l’Europa ha una dipendenza dalla Russia di un certo peso per le forniture energetiche (per circa il 40% di gas e 26% di petrolio). Per il gas, poi, Italia e Germania ne dipendono più degli altri.
Ci possiamo facilmente immaginare che quelle forniture possano sparire, la Russia non le garantisca più. Già abbiamo conosciuto i rincari del gas prima dello scatenarsi della guerra, guarda caso dovuti a difficoltà di approvvigionamento dalla Russia che pareva aver chiuso almeno in parte i rubinetti. Le bollette sono schizzate in alto, il costo del gas è aumentato da un anno all’altro in una misura impensabile. Si è portato dietro il rincaro anche dell’energia elettrica poiché, almeno in Italia, molta è prodotta proprio con il gas naturale. Ha creato forti difficoltà a cittadini e imprese. Il Governo era dovuto intervenire con aiuti per alleviarle.
E’ vero, come sostiene qualcuno, che la Russia comunque quel gas lo vende ricavandone soldi in cambio (attorno ai 50miliardi di euro l’anno) e quindi potrebbe essere non automatico il blocco delle forniture all’Europa. Ma non sottovalutiamo il ruolo dell’altro gigante, la Cina. Pare voler mantenere una posizione con qualche distinguo, più che altro a parole, non di appoggio alla Russia ma certamente non allineata all’Occidente, non aderendo alle sanzioni decise.
E’ un fatto che tra i due paesi specialmente negli ultimissimi tempi si siano sviluppati rapporti più stretti sul piano economico e commerciale, che potrebbero perciò permettere un certo sostegno economico per la Russia. L’incontro a inizio febbraio tra i leader dei due paesi è significativo in questo senso. La Cina acquista maggior quantità di gas naturale dalla Russia, per esempio è recentissimo un contratto trentennale per la sua fornitura da parte di Gazprom, azienda di stato russa, ad alcune regioni cinesi.
Discorso analogo si potrebbe fare per la produzione di grano. La Russia è uno dei più grandi produttori mondiali, assieme per l’appunto all’Ucraina rappresenta circa un terzo della produzione mondiale. Facile pensare che potrebbe decidere di chiudere le vendite con l’Europa e dirottarle alla Cina. A inizio febbraio guarda caso la Cina ha deciso di dare il via alle importazioni del grano russo senza più particolari restrizioni.
Sono molti gli osservatori che ritengono che l’attuale situazione spinga sempre più la Russia verso la Cina, incrementando lo sviluppo di rapporti commerciali già in essere da tempo. Altro fattore di rischio: la Russia è grande produttore esportatore di alluminio e rame e anche qui è facile pensare che l’Occidente potrebbe essere costretto a fare a meno di questa fonte.
Le sanzioni sono uno strumento che ne sostituisce altri ben più pericolosi, per cercare di sistemare questioni prettamente politiche. Tuttavia implicano che anche chi le promuove ne sia toccato, perché imprese e cittadini europei, nello specifico, devono attenersi alle disposizioni e alle regole decise per sanzionare e quindi devono rispettarle. I rincari delle bollette energetiche potrebbero così non essere le sole conseguenze.
Ci si attende un inevitabile rialzo dei costi delle materie prime, sconvolgendosi i “normali” flussi di produzione e commercializzazione globali, a seguito della guerra e delle sanzioni. Questo genererebbe un aumento dei prezzi e dell’inflazione che già era uno dei temi su cui le Banche Centrali avevano acceso un faro già da tempo per gli effetti della forte ripresa economica post pandemia con già preannunciati innalzamenti dei tassi di interesse.
Si potrebbero poi fare molte differenti riflessioni su svariati altri aspetti: le Borse reggeranno? Il commercio mondiale quanto e come ne risentirà? E di conseguenza le catene produttive? Le relazioni economiche tra Paesi e tra comunità internazionali (ad esempio Europa e Usa da una parte e Cina dall’altra) quanto e come si trasformeranno? E soprattutto quanto tutto influirà sulla crescita economica dei nostri Paesi? Credo che si possano dare risposte solamente con un grandissimo margine di incertezza, tale e tanto è lo scompiglio oggi. Se consideriamo che tutto è inestricabilmente connesso, i possibili effetti domino che possono scatenarsi non sono granchè prevedibili nelle loro reali conseguenze.
Resta una considerazione, la prima, da fare: non sarebbe ammissibile fare finta di nulla di fronte a un’aggressione militare a uno stato indipendente e sovrano. E dunque meglio le sanzioni delle bombe, in risposta.