Alcuni giorni fa o potuto assaggiare la cucina di Lorenzo Romano, giovane chef classe 89, che dal 2018 gestisce “L’insolita Trattoria” di Firenze, già Trattoria Tre Soldi ristorante di famiglia nato nel 1952 con suo nonno.
Beh si, l’esperienza possiamo definirla sicuramente esclusiva e di quelle che si fanno ricordare, si perché all’Insolita Trattoria niente è quello che sembra, e soprattutto, non vi è il menù, ma una scelta tra 3 selezioni di piatti: da 5, 9 e 15 portate composti da ricette del tutto originali e che davvero non possono essere trovate (almeno così preparate) da nessuna altra parte.
La cucina camouflage di Lorenzo ci permette di scoprire una nuova interazione con il cibo, grazie al “gioco” che si accende quando arriva ogni portata, un modo per confrontarsi non solo con il gusto ma anche con la l’immaginazione che stimola ed accede anche i sensi più sopiti.
“Anche se ho svolto studi classici, la chimica mi ha sempre appassionato, le mie ricette vivono su l’equilibrio delle consistenze e dei contrasti, tutti gli ingredienti sono misurati al grammo. Prima nasce il disegno, l’aspetto esteriore del piatto mio piatto per me ha un valore assoluto, segue una minuziosa ricerca, tanta lettura e lunghe preparazioni.” – mi racconta Lorenzo.
E così nascono ricette come il Cheese’nt burger (in cui il formaggio è sostituito da una sfoglia di peperone e il manzo dal pulled pork) o il finto ossobuco sulla linea Milano-Firenze, fino al manifesto della cucina dell’Insolita Trattoria, il Ceci n’est pas un tomate, un finto pomodoro che strizza l’occhio al surrealismo e cita René Magritte. Un pomodoro che pomodoro non è, ripieno di burrata con gel di pomodoro, pane e olive.
Tra i primi dell’Insolita Trattoria, l’effetto sorpresa viene mantenuto dalla carbonara, realizzata con crema pasticciera e il tuorlo d’uovo grattato come fosse bottarga. Un altro tassello nella costruzione di un menù coerente con se stesso è la guancia stufata 40 ore alla birra e carote che rimanda al valore delle lunghe cotture ormai quasi desuete nella frenetica ristorazione contemporanea. Un inganno per gli occhi, ma non per il palato, è poi la tartare, in cui il tuorlo d’uovo è in realtà una sferificazione di mango. Il percorso “insolito” finisce col dessert Granny Smith, una finta mela che richiede 8 ore di preparazione per garantire al commensale l’illusione di mangiare qualcosa di diverso da ciò che appare, ricreando in bocca le percezioni del primo morso.
E poi i vini, all’Insolita Trattoria è infatti possibile trovare un’ampia gamma di etichette ricercatissime selezionate direttamente da Lorenzo, tanti piccoli produttori che lavorano ancora in modo artigianale e che fanno della territorialità il loro valoro assoluto.
Una cena all’Insolita Trattoria è una esperienza che in qualche modo ognuno di noi deve regalarsi, un modo per abbandonare i canoni della tradizione ed immergersi in un viaggio dove quello che si mangia non è mai quello che sembra.